sagoma sfogata su sfondo acquoso indistinto

 “Mio cugino? Perché mi chiede di lui dottoressa? Sono anni che non lo vedo, in realtà nessuno della famiglia lo frequenta.
Non sappiamo più nulla di lui, neanche sua madre, mia zia, lo vede mai. Ha fatto delle cose in passato che sa, non sono piaciute alla famiglia; noi siamo gente perbene. Così è accaduto che, semplicemente, non lo sentiamo più… Effettivamente è strano, è come se fosse morto per noi”.

Così un paziente mi racconta del rapporto con il cugino che, “semplicemente”, non c’è più. Un cugino con il quale un tempo c’era stato un legame affettivo, con il quale erano stati condivisi momenti significativi della vita. Ora è solamente qualcuno che non c’è, che non chiama e non viene chiamato, di cui non si chiede, di cui non si parla. Qualcuno che neanche si nomina.

Non si nomina Bruno.

Questo cugino non è perbene come gli altri, ha fatto qualcosa che ha turbato i familiari, deve aver rappresentato forse una minaccia, un affronto.
È lo scarto imprevedibile da allontanare affinché non solleciti eccessivamente gli equilibri su cui il sistema familiare si poggia.

Non si nomina Bruno.

Una sera mi capita di guardare Encanto, film di animazione Disney del 2021, che narra le vicende della famiglia Madrigal. A seguito della morte del capostipite la matriarca Abuela, i suoi figli e nipoti si scoprono dotati di poteri magici e fondano un villaggio, Encanto. Tutti i suoi abitanti beneficiano dei poteri dei Madrigal che risolvono qualunque problema: un villaggio incantato, appunto, che risparmia tutti i suoi abitanti dal confronto con le problematiche della realtà. Due personaggi, però,  appaiono dissonanti: la nipote Mirabel, apparente priva di poteri magici e lo zio Bruno, che ha il potere della preveggenza. Mirabel non trova posto nella sua famiglia e Bruno.. beh, Bruno sparisce, se ne va. Nessuno vuole ascoltare le sue visioni, è ritenuto un menagramo, uno che porta guai. Così decide di lasciare la casa familiare, di non disturbare, affinché la vita di Encanto prosegua nella sua perfezione.

Qualcosa però si rompe quando casa Madrigal presenta delle crepe, e Mirabel, che prova a farlo presente, rimane inascoltata. Tutto bene, va tutto bene, non è successo nulla. Ma le crepe fanno tremare le mura, e i rapporti. Solo Bruno l'innominabile può svelare il segreto per risanarle e per questo va cercato e ascoltato. La difesa maniacale che Encanto oppone al male, alla sofferenza, tenendoli lontani da sé mostra tutti i suoi limiti e spinge verso la distruzione.

Bruno che vive nel buio, in mezzo ai ratti, ma che all’insaputa di tutti si nasconde dentro casita, incarna gli aspetti scissi, persecutori e angoscianti, è Thanatos che reclama il suo posto, il suo nome.

Bruno è il paziente designato, che si fa carico attraverso un fare sintomatico, del dolore inespresso della famiglia. Accogliere nuovamente Bruno in famiglia significa la possibilità per ognuno di salvarsi, di salvare i legami, di accettare il limite, di accedere alla posizione depressiva in cui coesistono forza e debolezza, amore e odio, talenti e fragilità. 

È nella possibilità che Thanatos si annodi ad Eros il vero potere.

Così anche il cugino del mio paziente si può nominare, almeno in seduta, nel tentativo di riconoscere prima ed integrare poi quelle parti di sé che non hanno trovato dimora.

Bibliografia

Freud S., Il disagio della civiltà (1929), Bollati Boringhieri.
Minuchin S., Famiglie e terapia della famiglia, Astrolabio,1976.
Salvini Palazzoli M., Paradosso e controparadosso, Raffaello Cortina, 1975.

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